La villa come ideale
Dopo che nel 1370 il grande poeta Petrarca si ritirò a vivere vicino ad Arquà (dove si può ancora visitare la sua casa), si diffuse tra i più facoltosi uomini di cultura del Rinascimento italiano l’idea della villa cara ai romani: un rifugio civilizzato nella quiete della campagna.
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Il cardinale Francesco Pisani, vescovo di Padova
Nel 1524 Francesco Pisani fu nominato vescovo di Padova, città nella quale avviò la costruzione di numerosi edifici eleganti. Decise anche di far progettare una residenza episcopale fuori dalla città, a Luvigliano, pensando a una villa. Luvigliano prende il nome dallo storico romano Livio, che avrebbe scelto questo luogo per edificare la propria villa. Livio e Francesco non avrebbero potuto trovare un contesto più bello: un anfiteatro naturale verdeggiante circondato da antichi colli vulcanici, da dove la vista spaziava lontano nel paesaggio.
La cerchia di Alvise Cornaro
Il cardinale Francesco Pisani apparteneva alla cerchia di un importante mecenate, Alvise Cornaro. Generoso e sensibile, Cornaro sosteneva molti uomini di talento tra i quali, a partire dal 1538 circa, un giovane tagliapietre nato a Padova cui aveva dato il soprannome di Palladio. Un altro protetto di Cornaro era l’architetto Giovanni Falconetto.
Il progetto di Giovanni Falconetto
Nel 1535 Falconetto progettò un’elegante villa a base quadrata posta su di un terrapieno, con fresche logge ai lati da cui godere del paesaggio circostante. L’architetto Giulio Romano completò questa prima fase della costruzione e l’artista fiammingo Lambert Sustris ricoprì le pareti di affreschi (per la maggior parte giunti fino a noi), una testimonianza di enorme rilevanza del culto del mondo antico in epoca rinascimentale. Il complesso dell’edificio rappresenta la villa del Rinascimento nella forma matura raggiunta prima dell’arrivo di Palladio, l’architetto che segnerà poi indelebilmente con il suo lavoro il genere stesso. In questo senso, è significativo porre in dialogo la Villa dei Vescovi con la palladiana Villa Saraceno, anch’essa di proprietà Landmark, ad appena 15 km da qui.
Resa ancora più splendida
Grazie ai vescovi successivi, la Villa dei Vescovi acquisì ulteriore pregio per tutto il 1500. L’architetto Andrea da Valle fece aprire i maestosi portali nel muro perimetrale della proprietà, uno dorico e uno ionico, con funzione di ingresso. In seguito Vincenzo Scamozzi aggiunse le scale esterne e la grotta. Per tutto il 1700 si curarono e si ampliarono gli splendidi giardini e i terreni.
Un dono generoso alla nazione
Villa dei Vescovi, quasi inalterata, rimase proprietà dell’episcopato fino al 1962, anno in cui fu venduta a Vittorio Olcese. Dopo la morte di questi, nel 2005, la seconda moglie Maria Teresa Olcese Valoti e il figlio Pierpaolo generosamente donarono la villa al Fondo Ambiente Italiano. Il FAI ha provveduto a realizzare un’indagine archeologica esemplare del sito della villa e a completare il restauro dell’edificio, prima di aprire ai visitatori il corpo principale. Ha inoltre ricavato due mansarde nel sottotetto ad uso foresteria, che sono state poi approntate da Landmark. Queste sono le prime due proprietà messe a disposizione degli ospiti grazie alla partnership tra il FAI e Landmark, una collaborazione che speriamo si rivelerà lunga e fruttuosa.